‘Cibum concordiae. Nutrire l’armonia’, il saggio di Rosanna Biscardi

di Paolo Rausa
Il cibo come strumento di sopravvivenza ma anche di concordia fra i cittadini e fra i popoli. Un patto fra gli uomini e fra questi e gli dei: i sacrifici. Ogni società ha compreso che la lotta per la vita era legata alle risorse che offriva la natura, quelle vegetali innanzitutto, la cui disponibilità è legata al lavoro e ai cicli naturali: la semina e il raccolto segnano lo scandire delle stagioni. Le offerte vegetali soppiantano in Roma antica i riti cruenti, la satura lanx, i prodotti della terra. Accanto ai rituali dell’agricoltura sopravvivono quelli della pesca e della caccia soprattutto, assoggettati alla dea Artemide/Diana che protegge l’attività di prelevamento degli animali e la loro uccisione a fini di alimentazione. L’allevamento si rende necessario per scopi lavorativi e quando si decide di sopprimere un animale allora il sacrificio pone sotto il sacerdote il rito di spartizione delle carni. Dalla società semplice allo sviluppo culturale il passaggio è graduale e trova nella modalità di consumo del cibo un momento sacro e di alto significato sociale e politico. La mensa, il desco non è semplice consumo del pasto ma momento di discussione delle scelte che riguardano l’andamento familiare e fra amici momento di rilassamento dove esercitarsi nelle piacevoli discussioni a sfondo erotico e filosofico. Ovviamente le pietanze sono accompagnate dal vino, più o meno puro (mero, miero). Ci restano molti esempi nelle liriche e nei frammenti superstiti nella lirica greca arcaica, monodica e corale, in Saffo, Alceo e Anacreonte. Nei loro versi “l’eros e il simposio incarnano una pienezza di vita che armonizza ebbrezza e misura sul piano di una libertà spirituale per noi perduta”, scrive Filippo Maria Pontani e aggiunge che nelle liriche di Anacreonte la tematica erotica e simposiaca è dominante. Dalle liriche al Simposio di Platone, dove sono chiamati i più grandi spiriti della città di Atene non solo a gozzovigliare o a inebriarsi ma a discutere su Eros, sull’Amore, un tema così intrigante che a tutti sfugge una sua definizione plausibile. Interessante quella della mela tagliata in due metà che si cercano tutta la vita per ricongiungersi, esposta da Aristofane. E’ Socrate a dipanare la questione, riferendo la teoria di una donna, Diotima, secondo cui Eros è figlio di bisogno e povertà, privo di quello a cui anela tutta la vita.   Rosanna Biscardi, architetto manager di Area Vasta, con questo libro ‘Cibum Concordiae – nutrire l’armonia’, ha vinto meritatamente il premio letterario Cuzzolin del 2016, di prossima pubblicazione nella collana “Alimentazione & Benessere”, perché ha affrontato il tema del cibo e dell’alimentazione prendendo in esame il territorio in cui vive, Sant’Agata de’ Goti settimo borgo più bello d’Italia, passando in rassegna le varie civiltà che si sono succedute, a partire dagli indigeni, i sanniti e poi i romani con le influenze greche ed etrusche, i bizantini, i goti, analizzando il cibo dei poveri e quelli della chiesa, dei monasteri, verdure, legumi, pesci, carne, il pane, il frumento, la selvaggina, una società che è sopravvissuta nel rispetto della natura rigogliosa che la circonda e che la nutre. Amore e cibo verrebbe da dire. Come sia possibile sedersi a tavola e riconoscere in quel ‘ben di Dio’ che ci viene servito non solo lo sforzo di una comunità ma una benedizione, trovando spunto per allargare la prospettiva dal pane alla pace, come scrive don Tonino Bello, vescovo di Molfetta: ‘Pace non è la semplice distruzione delle armi. E non è neppure l’equa distribuzione dei pani a tutti i commensali della terra. Pace è mangiare il proprio pane a tavola insieme con i fratelli. Di qui il nostro compito: dire alle nostre comunità, alle nostre città, in cui serpeggiano dissidi, di saper stare insieme a tavola. Non basta mangiare, bisogna mangiare insieme! Non basta avere un pane e ognuno se lo mangia dove vuole: bisogna poterlo mangiare insieme! Di qui la nostra missione: sedere all’unica tavola, far sedere all’unica tavola i differenti commensali senza schedarli, senza pianificarli, senza omologarli, senza uniformarli. Questa è la pace: convivialità delle differenze’.

San Giuliano Milanese, 23/6/2017

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