Il Risorgimento in Puglia
di Paolo Rausa
Il Mezzogiorno d’Italia ha svolto un ruolo non secondario nel processo risorgimentale, con un contributo notevole di vite perdute, per lo più sottaciuto nei documenti storici e nelle cerimonie ufficiali rievocative. Il Sud aveva per tempo già dato prova della sua vocazione repubblicana nella breve e tragica esperienza istituzionale della Repubblica Napoletana nel 1799 e poi nei moti rivoluzionari del 1820-21 e del 1848. Anche la Puglia è stata componente significativa di questo lungo processo storico-culturale, che ha coinvolto i figli della borghesia e i semplici cafoni.
A cominciare da Antonietta De Pace, nativa di Gallipoli e fulgido esempio di donna coraggiosa e intelligente, che è andata oltre le convenzioni che discriminavano le donne. Al grande giurista e politico tricasino Giuseppe Pisanelli (1812–1879), autore del primo codice di procedura civile del Regno d’Italia ed esule per la sua azione di animatore contro la monarchia borbonica, poi nominato Ministro di Grazia e Giustizia da Garibaldi e confermato nel Governo nel nascente Regno d’Italia. A Sigismondo Castromediano di Cavallino (1811–1895), segretario del Circolo Patriottico Salentino e aderente alla Giovane Italia di Giuseppe Mazzini. Accusato di cospirazione contro la monarchia borbonica, fu incarcerato con altri trentacinque imputati politici e condannato a trent’anni. Al patriota Giuseppe Libertini (1823–1874), iscritto alla Giovine Italia e seguace di Mazzini, che partecipò ai moti del 1848 organizzando il comitato di Terra d’Otranto assieme a Benvenuto Mazzarella. Ad Astore Francesco Antonio, di famiglia mantovana, nato il 1742 a Casarano. Si schierò tra i sostenitori della Repubblica napoletana e per questo al ritorno a Napoli dei Borboni fu condannato a morte. Ad Oronzo Massa, duca di Galugnano, nato a Lecce nel 1760, maggiore di artiglieria e giustiziato a Napoli il 14 agosto 1799. Anche il sacerdote Nicola Valzani (1806–1872) partecipò ai moti del 1848 nel SudItalia. Liborio Romano di Patù (1793–1867) a sua volta s’impegnò presto nella politica, frequentando ambienti carbonari e abbracciò gli ideali del Risorgimento italiano, dopo aver ricoperto l’incarico di prefetto e poi di ministro di polizia. Un capitolo a parte va riservato alle donne del Risorgimento, sollevando il velo di indifferenza storica nei loro confronti. E’ il caso di Eleonora Fonseca Pimentel, scrittrice di poesie e di componimenti vari, che nel brevissimo periodo della Napoli repubblicana del 1799 fu tra le prime ad essere condannata a morte. Salì sul patibolo con grande dignità e, prima di essere impiccata, pronunciò i versi dell’Eneide di Virgilio “Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”, con l’auspicio che il suo sacrificio e i suoi ideali patriottici trovassero degno accoglimento presso i posteri. E diAntonietta De Pace, nata il 1818 a Gallipoli. Nel 1849 fonda il Circolo femminile e collabora all’attività delle associazioni patriottiche meridionali, fra cui l’Unità d’Italia. Fonda poi a Napoli un Comitato politico mazziniano. E’ lei ad accogliere, fasciata con il tricolore, Garibaldi quando entra trionfalmente a Napoli. Sempre instancabile, guardava alla necessità di completare il Risorgimento con la proclamazione di Roma capitale d’Italia. Per discutere sul ruolo degli eroi pugliesi del Risorgimento Italiano, l’Associazione Regionale Pugliesi e l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano organizzano una conferenza sabato 29 ottobre 2011 ore 17,30 presso la sede della Provincia in Corso Monforte, 35 Milano con la partecipazione della Presidente del “Comitato pugliese per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia” e autrice del volume “Agenda 2011: il Risorgimento in Puglia 1799-1861”, Bianca Tragni, e di Ornella Bongiorni, curatrice della mostra “Rose d’Italia-Il Risorgimento invisibile”.
Sulle tracce delle eroine risorgimentali
di Paolo Rausa
Le nostre città conservano fra vie, piazze e palazzi le tracce di uomini e donne che hanno fatto la storia risorgimentale. Chi erano questi uomini e soprattutto queste donne? Dove abitavano e “tramavano” per organizzare le rivolte contro l’occupante straniero? La curiosità ma soprattutto l’amor di patria e il desiderio di gettar luce su tante protagoniste disconosciute ci hanno condotto lungo questi luoghi. Ne è nato un itinerario storico e allo stesso tempo artistico-culturale, che vi proponiamo. Ci siamo dunque avventurati con un sentimento di curiosità e un atteggiamento ossequioso a visitare questi monumenti della memoria, tanto significativi di Milano e delle vicinanze, i palazzi nei cui salotti le donne, ferventi patriote, divulgavano le idee risorgimentali e preparavano i piani per le rivolte e i moti insurrezionali del 1821 e del 1848.
Partendo da Porta Tosa (piazza 5 giornate) ci si sposta con passo lento e grave alla Pusterla, in via Manzoni, e nei pressi della Porta, ora abbattuta, di via Brera. Qui sono sorte le barricate che hanno incendiato Milano, come del resto nelle altre città d’Italia in quegli anni. Più in là si apre lo scenario della piccola piazza Borromeo, scelta dai patrioti milanesi per radunare i prigionieri austriaci catturati durante gli scontri. Accanto a questi luoghi sorgono i palazzi dove sono nate o hanno vissuto le eroine risorgimentali. In via Bigli una lapide ricorda Clara Maffei (1814-1886) – “il cui salotto, abituale ritrovo di insigni personalità dell’arte della letteratura e della musica, fu pure tra il 1850 e il 1859 cenacolo di ardenti patrioti, tenaci assertori della indipendenza e della Unità d’Italia”. Mentre nella vicina piazza Belgioioso, accanto alla casa natale del Manzoni, ha trascorso gli anni della giovinezza in un infelice matrimonio Cristina Trivulzio di Belgioioso (1808-1871), la Principessa del Risorgimento Lombardo, sempre in prima fila in patria e all’estero nel sostenere la causa risorgimentale.
Ma è a Locate Triulzi, scelta come dimora al rientro dall’esilio, che ella ha espresso al meglio la sua inclinazione sociale e filantropica, facendo costruire un asilo, scuole elementari e superiori, un falansterio e abitazioni dignitose. Si è ancora in attesa che la comunità di Locate sappia riconoscere con un segno tangibile le sue virtù. Quanto a generosità… Milano si è limitata a intitolare solo delle vie alle sue grandi eroine: Bianca Milesi (1790-1849), “la maestra giardiniera”, ricordata girovagare per Milano dalla sua abitazione di via del Lauro con il “Saggio sulla Tolleranza” di Locke sotto il braccio; Laura Solera Mantegazza (1813-1873), in prima fila nella raccolta di fondi e nell’organizzare l’assistenza ai patrioti durante le Cinque Giornate di Milano, promotrice di associazioni mutualistiche a sostegno di lattanti e per la diffusione dell’istruzione alle adulte; Giuditta Bellerio Sidoli (Milano 1804 –Torino 1871) e Luisa Battistotti Sassi (1824-1876), detta “la brunetta di borgo Santa Croce”.
Dopo aver compiuto questi veri e propri pellegrinaggi laici, si esce fuori dalla città. Nelle sue vicinanze, a Muggiò presso Monza, è seppellita nella tomba di famiglia Teresa Casati Confalonieri, la cosiddetta “moglie del Risorgimento”, che riuscì a far commutare la pena di morte, inflitta dagli austriaci al marito Federico Confalonieri, nel carcere a vita. Da Muggiò ci si sposta a sud, nella città di Pavia, dove si visita il palazzo di residenza e il monumento dedicato dalla città ad Adelaide Bono Cairoli, per ricordare il tributo di sangue e politico offerto alla Patria dalla famiglia Cairoli e infine a Groppello Cairoli. La statua della nobildonna è eretta nel giardino della villa di campagna per ricordare la sua figura di grande cultura e sensibilità, oltre che di grande generosità, che si occupò personalmente dell’educazione dei figli, incitandoli all’amore della Patria, anche per questo ammirata da Garibaldi. Il viaggio nei luoghi della memoria si avvia al termine, con la convinzione maturata che la storia patria debba essere riscritta e aggiornata con l’inserimento di queste e delle altre figure femminili, che hanno svolto un ruolo di primo piano nella storia risorgimentale italiana.
Riconoscimento che la Provincia di Milano ha inteso giustamente tributare, a coronamento delle iniziative per il 150° dell’Unità d’Italia, con una grande mostra a loro dedicata, che verrà inaugurata presso lo Spazio Oberdan il 27 settembre.
ROSE D’ITALIA:
“Il Risorgimento invisibile
di Ornella Bongiorni
“Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”Eleonora Fonseca Pimentel mentre sale sul patibolo.
Una mostra per ricordare, è con questo spirito che ho curato la realizzazione della mostra “Rose d’Italia: Il Risorgimento Invisibile”. appena conclusasi allo Spazio Oberdan di Milano il 23 Ottobre 2011. Un percorso per rendere visibili i momenti più significativi della vita di 8 donne: Teresa Casati, Bianca Milesi, Clara Maffei, Giuditta Sidoli,Cristina Trivulzio di Belgioioso, Luisa Battistotti Sassi, Laura Solera Mantegazza, Adelaide Bono Cairoli. Raccontate attraverso i luoghi delle battaglie, gli ambienti in cui vivevano, le loro idee, le speranze e le passioni, facendo conoscere le loro storie e il contesto nel quale vivevano, le loro aspirazioni e l’atteggiamento di stima e di ammirazione rivolte a loro dalle grandi figure patriottiche italiane. Del periodo risorgimentale si disse che “ Grande… fu il numero delle donne uccise e imprigionate”. Ma, una volta spenti i riflettori sull’epoca risorgimentale, le donne scomparvero rapidamente dalla memoria storica italiana. Eppure, la presenza femminile si era manifestata a largo raggio, coinvolgendo donne di diversi ambienti sociali. Ho voluto così rende omaggio a tanta generosità e passione che, pur nelle diversità sociali e ambientali, hanno trovato nel motto “O si fa l’Italia o si muore” il coraggio di combattere per un ideale comune. Esse sono state figure straordinarie che hanno saputo trasformare il loro quotidiano, mettendo in pericolo le loro esistenze e i loro affetti per un futuro migliore. I salotti dell’alta società, i cosiddetti “giardini”, frequentati dalle donne “giardiniere”, si trasformarono in vivai di idee e di raccolta fondi per aiutare la causa degli insorti e dei volontari. Altre invece ricamavano ventagli con frasi patriottiche o confezionavano coccarde e bandiere con il rischio di essere scoperte e arrestate, oppure si inventavano vere e proprie mode che si diffondevano rapidamente. Accanto a loro, le eroine, le donne del popolo, che scesero in piazza per combattere, per partecipare a battaglie, manifestazioni, a rischio della loro stessa vita. Queste donne coraggiose superarono le barriere sociali e le divisioni dei ruoli di separatezza. Colsero con le loro scelte l’occasione storica che si presentava per uscire dalla vita privata e adoperarsi per il bene comune, manifestando il proprio pensiero e diventando così, con l’azione, le tessitrici dell’Unità d’Italia.