DIARIO DEL GIORNO / MERCOLEDI’ 17 MAGGIO 2023 redazione leccecronaca.it

Il 17 maggio 1972 l’organizzazione comunista Lotta Continua assassina il commissario Luigi Calabresi.  

di Paolo Rausa

Compagno sembra ieri, eppure ne è passato di tempo… Il testo della canzone di Pino Masi, 1977. Di anni da quel 17 maggio 1972, dall’assassinio del commissario Luigi Calabresi, ne sono passati 51, tanti. Eppure rimane vivido il ricordo di quegli anni, la lotta studentesca e quella operaia, i pid, proletari senza rivoluzione scriveva Renzo del Carria. Un periodo esaltante e allo stesso tempo terribile per i fatti drammatici, di sangue, da una parte e dall’altra della barricata, giovani comunisti e giovani fascisti che si ammazzavano a vicenda e noi a manifestare per la rivoluzione che sembrava a portata di mano, poliziotti sparati e poliziotti che sparavano, gli attentati delle trame nere e poi le brigate rosse. La bomba di piazza Fontana alla Banca dell’Agricoltura a Milano e poi quella in piazza della Loggia a Brescia, e poi l’Italicus, la stazione di Bologna e tutto il resto, processi infiniti, fatti e rifatti senza arrivare ad una verità piena e univoca. Le indagini deviate e le accuse di comodo agli anarchici, Pinelli che precipita giù dai piani alti della Questura di Milano (buttato giù o gettatosi per un senso di colpa?). L’aberrante tesi della giustizia proletaria che si fa da sé e individua i “nemici” di classe, appartenenti alle Forze dell’Ordine, oppure agli apparati dello Stato o alla nomenclatura delle grandi aziende o agli ordini professionali. Pazzesco! Una logica dell’occhio per occhio dente per dente non da parte delle Organizzazioni politiche extraparlamentari di allora, fra cui Lotta Continua, ma da parte di alcune frange anonime che dopo qualche anno diedero vita alle Organizzazioni militari criminali delle Brigate Rosse e altre, dapprima definiti compagni che sbagliavano e poi via via condannate e combattute dopo l’assassinio compiuto di un operaio dell’Italsider di Genova, Guido Rossa, che aveva avuto il coraggio di denunciare strani movimenti di brigatisti o supposti tali in fabbrica. In questo clima matura l’assassinio del commissario Luigi Calabresi, compiuto non da Lotta Continua, ma rivendicato politicamente da questa e da altre sigle politiche rivoluzionarie. Nell’articolo si legge “è stato ammazzato”, non “l’abbiamo ammazzato”. Per quanto sia gravissima questa rivendicazione dal punto di vista politico non si può attribuire all’organizzazione Lotta Continua l’esecuzione materiale dell’assassinio. Dal momento che il reato è compiuto da persone, seppure per convinzione ideologica condivisa, ne sono responsabili queste non altri. Perché Lotta Continua e le altre organizzazioni studentesche e proletarie sono state molto altro: la fantasia al potere, una risata vi seppellirà, no allo sfruttamento, affitto proletario, ecc. Contro la prepotenza dei “padroni”, per una scuola libera e scrostata da anacronismi e autoritarismi gratuiti. Questo non per giustificare anche tanti errori, tante violenze e tante mostruosità della “meglio gioventù” come titola il suo bellissimo film Tullio Giordana. L’abbraccio della vedova Pinelli, Licia, e di quella Calabresi, Gemma, ha chiuso una parentesi di incomprensione e di odio durata a lungo, anche con ragione, nel ricordo delle vittime. Gli avvenimenti vanno letti e commentati nel contesto storico e non con i nostri occhi attuali. Bisogna calarsi nella realtà di allora e non criminalizzare l’attività politica attribuendo la responsabilità di alcuni fatti all’intera comunità di Lotta Continua o più comodamente alla dirigenza, confondendo le responsabilità individuali dei fatti con la valutazione politica collettiva. Penso alle vittime, a tutte le vittime, di quel periodo che fu sciagurato per alcuni versi ed esaltante per altri. Sulle vicende storiche non si può agire con un colpo di spugna o buttando tutto nel calderone della vergogna e dell’abominio, confondendo tutto. Come chi ha vissuto in quegli anni, anche io mi sono esaltato e ho pianto, riconoscendo le nostre ragioni ma non a tutti i costi, rispettando la vita dei contendenti, tutti, a prescindere da dove si trovassero in quel momento. “Avevamo vent’anni e oltre il ponte oltre il ponte ch’è in mano nemica vedevamo l’altra riva, la vita tutto il bene del mondo oltre il ponte”, una bellissima canzone, parole di Italo Calvino.

San Giuliano Milanese, 18/05/2023

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