A Valcanale (Bg) in ricordo di Ugo Samaja, medico ebreo triestino nell’Italia fascista

3 - Valcanale, la casa che ha ospitato Ugo e Lucilla dal 1943 al '45di Paolo Rausa
A Ferragosto in alta Valseriana, si sale tanto più in alto per sfuggire alle persecuzioni fasciste fino a Valcanale, un posto fuori dal mondo dove anche i cacciatori si avventuravano malvolentieri perché impervio, anche se si trovavano formaggi e salumi e… tanta solidarietà umana, quella che in due anni di permanenza, dal 1943 al ’45, ha consentito a Ugo Samaja e a Lucilla di scendere a valle cambiati. Anche don Antonio Magri, il parroco di allora, glielo chiedeva: ‘In che senso siete cambiati?’. Ugo non sapeva definire i contorni di questo cambiamento, i rivolgimenti che aveva provocato nel suo animo il ‘soggiorno’ forzato di due anni in questo posto fuori dal consesso degli uomini, ma era certo che lo aveva posto a stretto contatto con l’umanità della povera gente di montagna che aveva diviso tutto con loro: la minestra, la polenta, l’arrosto di coniglio… e la grappa di genziana. Il parroco gliela faceva recapitare da Rocco o dalla figlia Palma nelle grotte alla Ral de la9 - Valcanale, l'Oratorio, presentazione libro Cruz, su in alto nei boschi dove si rifugiavano per sfuggire ai feroci rastrellamenti delle squadracce nazi-fasciste alla ricerca di zingari, ebrei e comunisti da rinchiudere nei campi di sterminio. Stiamo seguendo da qualche tempo le orme di Ugo Samaja, da quando fu allontanato dall’Ospedale di Trieste nel 1938 in seguito alle leggi razziali fino a Melegnano, dove per qualche mese fu assunto nell’ospedale locale, a Milano e infine in questa valle. La cosa sconcertante è che più volte nel libro Ugo dichiara di essere stato fortunato e anzi felice, in una situazione di oppressione e di guerra, ad aver incontrato Lucilla e gli abitanti di questa stretta Valcanale. Per due anni hanno fatto di tutto: i boscaioli, i carbonari, e soprattutto hanno imparato a mimetizzarsi e scappare alla bisogna su per l’erto pendio dei boschi. Michele il figlio con la moglie Ilaria, io e mia moglie Ornella siamo venuti quassù a presentare il libro che aveva scritto Ugo subito dopo la morte di Lucilla, nel 1987, poi pubblicato con il titolo ‘Ugo Samaja. Autopsia di una vita’. Come era stato possibile che in quelle circostanze avessero trovato lo spazio per inclinare il proprio stato d’animo dolente al riconoscimento dello spirito umanitario di questi montanari? Ora lo sappiamo, perché in due giorni l’abbiamo appreso anche noi. Come dice don Fabio, il parroco attuale: ‘Gli abitanti di queste contrade hanno il cuore di leone, ma in fondo sono teneri’. Ci hanno ospitato, ci hanno nutrito, abbiamo festeggiato con loro le feste di Maria Assunta il 15 agosto a Valcanale e di S. Rocco a Zanetti, la processione nelle minuscole e serpeggianti vie del paesino, la messa all’incanto del formaggio locale e del salame, un gioco per finanziare la parrocchia per le tante incombenze a cui è chiamata. Ognuno un ricordo, un particolare, soprattutto la consapevolezza che quella di Ugo è stata una presenza speciale. La sera nell’oratorio di Valcanale l’esordio della presentazione con lettura del 12 - Valcanale, l'Oratorio, Autopsia di una vita, Ugo Samajadialogo fra i due personaggi principali del paesino: il parroco don Antonio Magri e Ugo Samaja, il ricordo del figlio Michele che auspica ‘la necessità di far conoscere queste storie soprattutto alle giovani generazioni’, l’intervento di coloro che lo hanno conosciuto o lo hanno sentito raccontare nei mille episodi, negli interventi da medico fugaci, senza anestesia, senza cognizioni dirette a volte, ma sempre con lo stato d’animo di ricambiare in minima parte il grande abbraccio di ospitalità che ricevevano. Tutta Valcanale era riunita nell’Oratorio e ascoltava in religioso silenzio le considerazioni di Ugo, le descrizioni delle salite improvvise nei boschi, la stima e l’amore per questa terra, che Ugo ha eletto come propria. Da questa sera lo facciamo anche noi, ignari abitanti delle pianure che non conoscono il grande filo di umanità che lega gli uomini e permette di affrontare insieme le traversie della vita, sull’esempio di Ugo che ormai è cittadino ad honorem di questo lembo di terra orobica.

Valcanale, 16/8/2014

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